Le dieci teorie principali dello stile Chen – M° Marcello Sidoti –

Scritto dal M° Wang Xian e dal M° Marcello Sidoti

Questi dieci principi si riferiscono alle diverse teorie che si riconducono al Taijiquan. Il loro studio permette di cogliere l’esatta conoscenza dell’essenza del Taiji e di apprendere meglio le sue particolarità: si tratta quindi di un sapere teorico che deve necessariamente accompagnare la pratica del Taiji.

1) Teoria e significato del termine Taiji

Per avere una conoscenza più approfondita del Taijiquan bisogna innanzitutto chiarire il senso dell’espressione “Taiji”.

La parola “Tai” significava originariamente “grande”, “vasto”. L’Yijing lo definisce: “stato primordiale e originario di tutto ciò che compone ogni cosa e di tutto ciò che è espresso nell’universo, senza limiti né confini”.

Il senso originario della parola “Ji” fa riferimento alla trave di colmo di una casa: evoca un pilastro centrale, la parte più alta, “più in alto”, “più in cima”.

L’associazione delle parole “Tai” e “Ji” si riferisce quindi a qualcosa che non ha né inizio né fine, onnipresente nel tempo e nello spazio. L’origine del Taiji risiede nel “Wuji”, termine che indica la fonte originaria di tutte le cose dell’universo, il caos primordiale che precedeva la formazione dell’universo. Dal Wuji deriva il Taiji. Quest’ultimo è all’origine delle quattro immagini (Sixiang), poi degli otto trigrammi (Bagua), dei 64 esagrammi e di “tutto sotto il cielo”. I daoisti dell’antichità rappresentavano il Wuji come un cerchio vuoto, rappresentazione grafica del Qi del caos originale. In seguito, nelle tappe successive, sarà rappresentato dai movimenti dello Yin e dello Yang, dei due pesci stilizzati nero e bianco.

Chen Wangting della IX generazione della famiglia Chen si ispirò al principio dei cambiamenti dello Yin e dello Yang per la creazione del Taijiquan, ma anche alla ricchezza del contenuto del “diagramma del Taiji”, confrontando le conoscenze filosofiche del tempo con la condizione dell’uomo nell’universo, evidenziando il concetto di vuoto e di pieno, di Yin e di Yang, della solidità contenuta nella morbidezza, della morbidezza presente nella forza.

Tutto ciò converge in una pratica che segue la via del naturale coltivando simultaneamente l’interiorità e l’esteriorità, al fine di rinforzare il corpo e allenare una certa efficienza marziale.

I principi inerenti al concetto di “Taiji” costituiscono l’essenza di quest’arte marziale che possiamo chiamare quindi “Taijiquan”.

2) Teoria dell’essenza (Jing)

Il Jing rappresenta la quintessenza, è una delle componenti più sottili e significative della materia. Nella triade “Jing-Qi-Shen” (l’essenza, il soffio e lo spirito dell’alchimia interna daoista), l’essenza è la sostanza fondamentale poiché appartiene ancora al dominio della materia, ed è il punto di partenza delle trasformazioni e degli sviluppi del soffio e dello spirito.

Nell’arte del Taijiquan nutrire l’essenza costituisce il fondamento primo della pratica. Che si tratti delle tecniche per nutrire il principio vitale, che si tratti di sviluppare lo Yin o rinforzare lo Yang, tutto si regge sulla pienezza dell’essenza e sulla vitalità dei meridiani. Si dice: “se praticate un’arte marziale senza nutrire l’essenza, quando sarete avanti con gli anni non vi resterà più nulla”.

Nel corpo umano l’essenza è presente sotto due forme, l’essenza del “cielo anteriore” e quella del “cielo posteriore”; la prima forma è embrionale, proviene dalla fecondazione e influenza la vita. Allo stesso tempo e nella stessa maniera è importante l’essenza del “cielo posteriore” che proviene dalla digestione degli alimenti e influenza le componenti fisiche e psicologiche delle pratiche.

Durante l’età giovanile il livello di Gong fu raggiunto non è minimamente comparabile a quello che può essere raggiunto durante l’età adulta, poiché l’essenza non è ancora matura e raffinata. D’altra parte, durante l’età adulta non bisognerebbe forzare troppo l’allenamento onde evitare di nuocere alla salute e rischiare di indebolirsi più velocemente, poiché durante questo periodo della vita l’essenza e i meridiani sono indeboliti e la loro vitalità è in declino.

3) Teoria del soffio (Qi)

Il Qi è uno stato intermediario tra l’essenza e lo spirito, senza forma né sostanza: soltanto la sensazione della sua circolazione ne permette la comprensione, e si tratta di una delle forme di trasformazione e di espressione dell’essenza.

Le variazioni della dinamica del Qi si esprimono secondo le due modalità Yin e Yang, componenti opposte e allo stesso tempo complementari di un sistema unificato.

La parte Yin del Qi presente in seno all’essenza assiste continuamente la parte Yang il cui compito è quello di difendere l’organismo delle aggressioni esterne.

Se il Qi Yang non è temperato dal Qi Yin eccederà, per cui la circolazione del sangue sarà troppo accelerata e forzata.

Se il Qi Yin non è temperato dal Qi Yang, risulterà troppo abbondante e il Qi nelle cinque viscere sarà disarmonico, si rischierà quindi l’ostruzione dei nove orifizi.

Solo l’equilibrio interno dei Qi Yin e Yang permetterà ai tendini e ai vasi sanguigni di entrare in sintonia, alle ossa di rinforzarsi e alla circolazione sanguigna di regolarizzarsi ed equilibrarsi. In questa maniera “i soffi nocivi non potranno nuocere, l’udito sarà sopraffino, la vista penetrante”.

4) Teoria dello spirito (Shen)

Lo spirito si situa al di sopra dell’essenza e del soffio, è il risultato della trasformazione dell’essenza, è la parte psichica e spirituale dell’individuo.

L’essenza e il soffio sono contenuti nel corpo, lo spirito si relaziona e si esprime all’esterno attraverso il corpo: quando l’essenza e il soffio abbondano, la fisionomia è piena di energia che sembra fluttuare, quando invece l’essenza e il soffio sono deboli, l’aspetto è triste e spento.

Uno spirito attento e ben disposto deve manifestarsi durante i cambiamenti dello sguardo, e dei movimenti degli arti e del corpo, affinché ci sia una concordanza tra la forza interna e la forma esteriore.

In questa maniera è possibile utilizzare efficacemente lo spirito nei movimenti, e questo rappresenta una delle componenti fondamentali di un buon Taiji: ad esempio, in “Pigro nell’allacciare la veste” (Lan Zha Yi), lo sguardo dev’essere coordinato con la mano e non vagare senza meta a destra e a sinistra.

5) Teoria del Cuore (Xin)

L’essere umano è la massima evoluzione degli esseri viventi, e ciò che lo distingue dagli animali è la presenza di un’anima, di una psiche. Il “cuore” è il sovrano del corpo: quando la psiche è in movimento tutto il corpo la segue, quando la psiche è a riposo, lo è tutto il corpo.

Per praticare con dovizia l’arte marziale si dice che bisogna innanzitutto allenare il cuore, la psiche, tranquillizzare lo spirito ed essere sereni: uno stato spirituale puro e solido permette all’essenza, al soffio e allo spirito di armonizzarsi, uno stato spirituale agitato e basculante impedisce l’attenzione sul lavoro corporale.

Allenarsi con rigore, quindi, porterà all’unione del corpo e dello spirito, dell’interno e dell’esterno, e ci condurrà verso la comprensione dei principi superiori e l’espressione dell’eccellenza, verso la libertà e la spontaneità.

Quando si pratica la sequenza bisogna essere umili, c’è sempre qualcuno sopra di noi così come c’è sempre un cielo sopra il cielo. In mancanza di uno spirito modesto è difficile ottenere benefici dalla pratica.

6) Teoria dell’intenzione (Yi)

Ciò che si mette in azione nel cuore, la psiche, si chiama Yi, “intenzione”.

Uno dei punti che distingue il Taijiquan dagli stili detti “esterni”, riguarda proprio l’uso dello Yi, che deve precedere il movimento di boxe: l’intenzione attiva la forma esterna, la forma e il Qi intervengono insieme, l’interno e l’esterno vengono coinvolti in maniera armonica.

All’inizio della pratica non si ha ancora padronanza dei movimenti, l’uso della forza è predominante rispetto a quello dell’intenzione, gli arti non sono abili, l’alto e il basso non sono collegati. Il corpo è nell’insieme rigido e si serve di linee piuttosto dritte.

Una pratica regolare permetterà di accorgersi, già quando il corpo non ha ancora iniziato a muoversi, che l’intenzione può precedere un movimento interno per permetterne l’espressione all’esterno in maniera spiralizzata e naturale, ben in asse e centrata, mentre la solidità e la morbidezza si compenetrano vicendevolmente.

Nella pratica del Taiji bisogna portare l’attenzione sulla conoscenza dell’altro, sulla percezione della sua energia: bisogna conoscere se stessi e conoscere l’avversario, al fine di anticiparlo nell’avanzata come nella ritirata e di trovare le opportunità per emettere la forza.

7) Teoria del principio (Li)

Li rappresenta la ragione, la regola. Tutti gli esseri e tutte le manifestazioni dell’universo devono essere rappresentati necessariamente da un’unificazione. Ciò che è separato deve avere una controparte riunita. Nell’universo, in ogni direzione, tutte le sorgenti hanno una radice comune.

Attraverso il Taijiquan il principio Li si esprime in ogni trasformazione delle forme, manifestando i misteri insondabili dello spirito, che rimandano a un’origine comune, il Taiji.

Dalla sommità del capo fino alla pianta dei piedi, dall’interno all’esterno, il corpo è unificato. Durante la pratica bisogna dare importanza all’idea che tutte le parti del corpo lavorino come parte di un’unità al fine di generare un’energia tipica di un corpo unificato: l’apertura e la chiusura seguono la via naturale, la morbidezza e la solidità si alternano senza forzature, nei tempi di azione e di riposo il corpo conserva il suo stato naturale, l’alternanza del vuoto e del pieno è conforme alla sua natura.

L’alto, il medio e il basso, l’interno e l’esterno, sono collegati e percorsi da una linea unificante. Durante l’attacco assomigliamo al dragone e alla tigre, siamo rapidi come il lampo. Nelle soste e nella guardia tutto ritorna all’origine, improvvisamente non si muove più nulla, diventiamo stabili come una montagna. Dunque, per una buona pratica del Taijiquan, bisogna assolutamente comprendere il senso del principio unificatore Li.

8) Teoria dell’espressione dell’emozione (Qing)

Qing rappresenta il sentimento, l’emozione.

Tutte le cose e le azioni portano con sè un carico di emozione, ad esempio le relazioni umane o la musica, con la ricchezza delle sue melodie. Allo stesso modo anche la varietà dei cambiamenti generata dal Taijiquan, è portatrice di un Qing dal “sapore” particolare: i movimenti delle mani e dei piedi, le variazioni nel lavoro del busto e della vita, le modulazioni verso l’alto verso il basso, tutto esprime il Qing del Taiji.

L’espressione propria del Taiji dev’essere sottolineata dal rilassamento, al fine di concedere lo sviluppo di una grande abilità. Dev’essere esaltata dalla morbidezza, allo scopo di evitare ogni espressione di rigidità. In questo modo distensione e destrezza, forza e morbidezza, permettono di sviluppare uno stile proprio di Taijiquan.

9) Teoria delle tecniche (Zhao)

Le tecniche definiscono i movimenti dei Taolu, si concatenano dall’inizio alla fine, sono l’espressione del lavoro del soffio interno. Senza tecniche non esiste boxe.

Le forme che coinvolgono le mani, il corpo, gli spostamenti, le espressioni dello sguardo, i movimenti verso l’alto e il basso, in avanti o indietro, costituiscono la varietà delle tecniche. Durante l’apprendimento bisogna arrivare a padroneggiare i cambiamenti e le direzioni nel movimento, perché si stabilisca un’armonia tra le variazioni della forma esteriore e della circolazione dell’energia nei meridiani e nei vasi sanguigni, perché tutto agisca in maniera euritmica, senza permettere il minimo impedimento.

Le tecniche raccolte nella sequenza sono state maturate a lungo e in maniera raffinata dagli antichi; è importante praticarle non soltanto in maniera sequenziale, ma anche isolatamente, per carpirne a poco a poco la quintessenza. Per far ciò bisogna applicare le regole del giusto movimento che rispetti l’armonia tra l’interno e l’esterno, ed evitare di ripetere il movimento in maniera automatica: ogni movimento dev’essere realizzato con cura e sincerità.

10) Teoria della natura del carattere (Xing)

Xing indica le proprietà degli esseri, la peculiarità delle cose, la loro natura profonda.

Gli stati Yin e Yang sono le due espressioni fondamentali della natura dell’universo. La solidità dello Yang e la morbidezza dello Yin si oppongono e si uniscono, si trasformano mutualmente, sono prodotti senza discontinuità, cambiano senza fine. Nell’allenamento bisogna rispettare questi principi: gli antichi testi affermano che lo Yin senza lo Yang genera una pratica troppo molle, lo Yang senza lo Yin invece, una pratica rigida e paralizzata.

Nella progressione bisogna dunque equilibrare le parti di Yin e di Yang, i praticanti devono passare da un rapporto Yang/Yin di 90/10 a un rapporto di 50/50, tipico dell’eccellenza della pratica.

Nel Taijiquan la natura Xing si esprime attraverso i quattro tratti dell’energia: Zhan, Nian, Lian, Sui (aderire, legare, connettere e seguire). Zhan, aderire, rappresenta la qualità del contatto molto stretto con il partner; Nian, legare, significa che l’aderenza è tale da impedire all’altro di sottrarsi al contatto con i suoi movimenti; Lian, unire, connettere, significa che nel momento in cui l’altro vuole sottrarsi al contatto è come inseguito, come incollato grazie alle tecniche di braccia; Sui, seguire, significa adeguare il proprio spostamento ai passi dell’altro per mantenere il contatto. Attraverso queste tecniche, senza eccessi né carenze al livello di espressione dell’energia interna, è possibile trovare l’occasione propizia per il disequilibrio, per prendere il sopravvento e quindi controllare e proiettare l’altro.

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