Alcuni, anche io, scrivono delle Vie marziali come se queste fossero qualcosa che trascende la realtà; si pratica esclusivamente per forgiare lo spirito del guerriero come l’acciaio , per trovare il gesto perfetto e/o raggiungere l’illuminazione e i soldi sono un elemento estraneo che corrompe la purezza della pratica.
Si tratta di un’idiozia.
Gestire un dojo comporta delle spese, spesso molto consistenti; serve tenere in ordine i locali, pulirli, pagare l’affitto o la rata del mutuo, se si è avuta la pessima idea di comprarlo. Qualche spazio di allenamento si trova presso i comuni o associazioni, ma anche lì ci sono delle spese da sostenere, almeno il riscaldamento e le pulizie.
E’ impensabile credere che la pratica della propria disciplina possa essere gratuita o anche solo a buon mercato. Quando iniziai, nei primi anni Ottanta, un’ uniforme da karate costava 50mila lire, più o meno 45 Euro attuali, un paio di guanti 30.000 , idem paratibie e conchiglia, per non parlare dei costi dell’hakama; oggi, come allora, c’era un costo iniziale da sostenere solo per procurarsi l’equipaggiamento necessario. Si doveva andare agli stage e quindi pagare viaggio, albergo e quota di partecipazione. Ancora, l’istruttore/maestro potrebbe ricavare una parte o tutto quanto gli serve per vivere dall’insegnamento, perciò, giustamente, richiederà un compenso e davanti a questa richiesta qualcuno rimarrà scioccato perché al tempio di Shaolin l’abate cieco chiede dedizione, ma non denaro. I film di arti marziali è vero che hanno fatto il bene del nostro settore, ma in molti casi hanno fatto più danni della grandine secca; a causa loro, infatti, molti si sono creati un’immagine ideale del Maestro (la maiuscola è d’obbligo), motivato esclusivamente dall’amore per l’arte e dal desiderio di trasmetterla, che vive con una ciotola di riso e una tazza di tè, quindi una richiesta di denaro oltre ad essere fuori dal mondo, profana la purezza dell’arte. Puo’ succedere, io l’ho visto, che qualche “maestro” metta in piedi questa commedia, con le buste contenenti il mensile messe nell’armadietto o lasciate dietro al banco della segreteria, con buona pace di shopify, dell’agenzia delle entrate e di coloro che gestiscono correttamente la loro palestra. A monte di questa roba, spesso, abbiamo un codice di comportamento, autoreferenziale e ovviamente segreto, che poteva andare bene nelle Triadi del diciannovesimo secolo, un esempio? “maestro” i cui allievi devono badare alla madre anziana, fare la spesa e portare/recuperare la di lui moglie sul posto di lavoro. Oltre a pagare il mensile ovviamente.
In altri casi, molto più onesti a mio avviso, appare evidente che l’unico obiettivo del maestro è quello dei soldi, coinvolgendo gli allievi più anziani in una sorta di multilevel marketing. C’è la retta mensile, il costo dell’esame per la cintura gialla con una riga arancione, poi con due, poi l’arancio con una riga verde ecc, i guanti, l’abbigliamento e gli integratori che si devono comprare solo in palestra e via dicendo, la quota del seminario in cui vengono insegnate la tecnica 1,2 e 3 , cui ne seguirà un altro e un altro ancora; tutto viene esposto nella bacheca e inviato su whatsapp. Trovo questa situazione onesta, chiara, priva di fraintendimenti per quanto io non la condivida nel modo più assoluto.
C’è poi il mondo dei corsi on line, in cui se ne vedono di tutti i colori e in cui a soccombere alle campagne spietate del marketing sono i corsi fatti meglio. “Diventa istruttore di qualche arte inventata in dieci lezioni” batte senza dubbio un bel corso on line di boxe con tutorial e spiegazioni complete. Esiste una serie di personaggi che vivono di comunicazione “marziale” che sa muoversi bene in questo ambiente, per cui se lo scopo è fare soldi loro sono le persone alle quali rivolgersi per avere successo. Se queste mie righe vi piaceranno e vi faranno incazzare faro’ un articolo dedicato all’argomento, che merita di essere trattato separatamente.
In un dojo o una palestra degni di questo nome, deve esistere un compromesso fra la mentalità da Wolf of Wall Street e quella degli 8 Immortali. Da sempre, il denaro è un fattore rilevante nel mondo, in quello militare/ marziale in particolare. In epoca feudale e nel Rinascimento, esistevano i maestri d’arme, istruttori d’arti marziali professionisti, che addestravano le milizie del signore, pagati sia come liberi professionisti che alle dirette dipendenze della casata. Per rimanere a casa nostra, Fiore dei Liberi era uno di loro così come Filippo Vadi ,che servì i Montefeltro. Se ci volgiamo ad Oriente, perché è da lì che siamo stati influenzati e nasce il misunderstanding, la convinzione, non supportata dalla realtà, che i samurai o i guerrieri della dinastia Ming o i monaci Di Shaolin fossero “al di sopra” del denaro, ha influenzato pesantemente l’immaginario collettivo e combinato guai. In Giappone , nei primi anni dello Shogunato, alla classe guerriera era vietata la possibilità di intrattenere commerci, ma ai samurai veniva distribuito un salario, per lo più sotto forma di stipendio in denaro o sacchi di riso. Ed è finita che poco prima dell’epoca Meiji, la casta samurai fosse composta solo in minima parte da guerrieri. Nonostante le evidenze storiche, l’immagine del samurai che disdegna il denaro rimane forte.
In Cina, i monasteri dei monaci buddisti, di cui i guerrieri erano circa un decimo del totale, detenevano ed amministravano grandi proprietà terriere e le relative ricchezze, influenzavano l’ascesa al trono del Figlio del Cielo o ne determinavano la caduta. Ma la narrazione che li ha descritti come luoghi in cui si addestravano indomiti asceti guerrieri dediti alla meditazione Chan e a proteggere i deboli é parte integrante dell’epica che ha portato tanti di noi in palestra.
Questa raffigurazione ideale non fa che rinforzare l’assunto che la sincera ricerca della Via marziale, implichi una scarsa considerazione per il denaro, ma ci porta fuori dalla realtà.
Il denaro diventa un problema quando diviene obiettivo primario, quando è il medesimo a dominare e non il progresso e la perfezione dell’arte, la crescita personale dei praticanti .
Ci sono maestri che guardano agli sport di combattimento o ad altre arti di combattimento asiatiche e non solo come ad un business. Le decisioni sul numero dei praticanti da ammettere alle singole lezioni, su a chi insegnare in palestra, quando si basano solo sul criterio del profitto snaturano lo scopo primario delle AM e degli SDC e in alcuni casi hanno determinato gravissimi danni. Credo che l’esempio dei fratelli Bianchi sia emblematico.
Insegnare non è un lavoro normale, per quanto si possa essere ben pagati, la voglia di insegnare alle persone per condividere con esse la propria conoscenza deve provenire da uno stimolo più profondo.
Insegnare è un qualche cosa che richiede dedizione , tempo e addestramento, un qualcosa che é molto facile verificare se è presente nel vostro istruttore o maestro, perchè se nascondere la vocazione dell’insegnare al prossimo, la capacità e l’entusiasmo che ne deriva è impossibile altrettanto impossibile è nascondere se uno ha solo voglia di far soldi. Se frequentate i suoi corsi e gli date il vostro denaro è solo una vostra responsabilità perché il suo intento é evidente. Wanna Marchi docet.