Culo in dentro e schiena gobba – M° Fabio Smolari –
Non è una battuta, anche se l’argomento ha risvolti comici. Uno dei requisiti posturali più noti del taijiquan – “hánxiōng bábèi” 含胸拔背“petto trattenuto e schiena sollevata” – è spesso fonte di incomprensione e mal interpretazione. V’è infatti chi, interpretando alla lettera l’enunciato, incassa il petto in dentro e ingobbisce la schiena.
Hánxiōng bábèi è un enunciato dei famosi 10 punti essenziali del taijiquan stile Yang 楊 di Yang Chengfu 楊澄甫. Altri stili usano termini leggermente differenti ma con lo stesso senso. Nello stile Chen 陳si dice: háxiōng tāyào 含胸塌腰, che tradotto in modo grossolano sarebbe: “petto in dentro e vita cadente”. È evidente che servono termini più adeguati ad esprimere il senso degli enunciati.
“Hánxiōng” si può tradurre meglio con “petto sgonfio o rilassato”, poiché indica l’atteggiamento contrario di un petto in fuori, di “gonfiare il petto”, cioè il contrario dell’idea estetica a noi consueta: “pancia in dentro petto in fuori”. Durante l’esecuzione del taijiquan bisogna aver cura di non gonfiare ed irrigidire il petto.
“Bábèi” è da intendersi in collegamento al rilassamento del petto ma indica anche qualcosa di più. Rilassando il petto non si deve assolutamente curvare la schiena. Nel taijiquan “bá” significa anche “alzare, tirare sollevare”, è preferibile interpretare bábèi in relazione ad un altro requisito – xūlǐng dǐngjìn 虛領頂勁 – ovvero “collo vuoto e forza verso l’alto”, cioè la testa non deve essere schiacciata ma sollevata verso l’alto, la spina dorsale deve avere una forza di spinta verso l’alto.
In sostanza hánxiōng bábèi si dovrebbe intendere come “petto sgonfio e schiena distesa”, nel senso che la schiena non dovrà essere né concava né convessa, ma fungere da punto di distribuzione delle forze, quindi essere “piena, piatta”, non curvata, non spezzata. Attenzione però perché anche gli aggettivi “pieno” o “piatto” devono essere interpretati correttamente. “Pieno” non significa “rigido” o “duro”, significa solo che può far scorrere le forze, “piatto” non significa una superficie geometricamente piana, ma semplicemente evitare linee curve così accentuate da non consentire la corretta trasmissione delle forze.
Nell’enunciato dello stile Chen hán 含 (trattenere, contenere, incavato) xiōng 胸 (petto) tā 塌 (crollare, cadere) yào 腰 (vita, cintura) si potrebbe intendere “petto sgonfio e schiena distesa, o fondo schiena a piombo”. L’indicazione intende allarmare sul rischio di incurvare la schiena e soprattutto di sporgere o inarcare il fondoschiena, elemento tipico della mancanza di forza nella posizione e che non consente la corretta trasmissione delle forze dalla zona inferiore a quella superiore del corpo.
Questo ci introduce al problema del fondo schiena. “Liǎndun” “rientrare il sedere” è un altro punto spesso mal interpretato. Gli insegnanti cinesi spesso sculacciano bonariamente i loro studenti occidentali di taijiquan dicendo loro “liǎndun” – “dentro il sedere” e mostrando che non si deve lasciar sporgere i glutei. Ma questo loro proposito viene spesso inteso come una forzata contrazione degli addominali che porta ad una curvatura della zona lombare, cosa assolutamente errata. Forzando all’interno il sedere si eviterà sì la sporgenza dei glutei ma si commetterà un altro grave errore: i muscoli addominali rimarranno perennemente contratti, le anche non potranno affondare, la schiena scivolerà in avanti, si perderà il senso della verticalità, il qì 氣 non potrà affondare nel dāntián 丹田.
Ricordiamo che stiamo parlando dei “requisiti posturali del taijiquan”, non dei principi tecnici del sistema. Le arti marziali cinesi sono molto precise nel descrivere le cose, semmai è l’allievo occidentale ad aver poca dimestichezza con il linguaggio e non avere accesso completo alla teoria, ecco che nascono i fraintendimenti.